Ci sono voluti cinquant’anni dalla caduta del fascismo perché la parola Patria tornasse, se non di uso comune, almeno a rappresentare un’idea che non evocasse naturalmente e immediatamente il fascismo. Caduto il duce sono state bandite anche tutte le parole cui era più affezionato. Caduto Fazio, non è difficile prevedere che parlare di italianità delle banche diventerà, quanto meno, inopportuno. I molti che silenti e adoranti non trovarono nulla da ridire quando nel 2002 l’Espresso rivelò come la Popolare di Lodi avesse scalato la Popolare Crema o quando si apprese come gli azionisti della Bipop finanziassero i loro acquisti di azioni di quella banca, oggi, senza temere di apparire prototipi del servo encomio e del codardo oltraggio, diverranno i nuovi zelanti custodi della purezza lessicale. Nel nostro paese anche il lessico sta dalla parte del più forte.
Anche le banche popolari erano care Fazio che vedeva in esse uno degli strumenti per conservare l’Italianità del sistema bancario. Lodi e Intra sono venute insieme a indebolire non poco i sostenitori delle popolari. Non è un caso che la caduta di Fazio sia stata festeggiata in Borsa con forti rialzi di alcune popolari: non si festeggiava la fine del malaffare ma piuttosto l’inizio di una stagione di scalate nella quale le popolari, non più protette da Fazio, sono viste come prede. D’altra parte, la Commissione Europea non ha affatto accantonato l’idea di denunciare la legislazione italiana sulle banche popolari e in particolare sul voto capitario che, prevedendo che i soci votino in quanto soci e non in base al numero delle azioni possedute, rende difficile qualsiasi scalata. In Parlamento giacciono già alcuni disegni di legge che vogliono abolire il voto capitario nelle banche popolari.
Nel Veneto sono rimasti tre gruppi bancari locali e sono tutti e tre banche popolari. L’azionariato è ovviamente molto frazionato anche perché, per legge, nessuno può possedere più dello 0,50 per cento del capitale. Il giorno in cui tuttavia dovesse esser resa pubblica un’offerta di acquisto o il Parlamento dovesse modificare il voto capitario, un azionariato frazionato sentirebbe forte l’attrazione del profitto immediato. Pensare di creare per tempo una struttura azionaria in grado di reggere nei tempi nuovi potrebbe essere saggio. La trasformazione in società per azioni potrebbe venire per legge e allora sarebbe troppo tardi per rimediare. Piuttosto che subire potrebbe essere utile avere già in mente uno statuto che consenta di mantenere un azionariato diffuso e radicato sul territorio vedendo di evitare le scelte che trasformarono l’Antoniana in una banca non solo contendibile, ma anche destinata a finire all’asta. Gli statuti delle banche cattoliche di inizio del secolo scorso – con i loro limiti al possesso azionario – possono essere un’ utile traccia. Non obbligatorio cambiare ma è obbligatorio pensare a quel che potrà succedere e prepararsi.