“Nuova vita alla carta usata”: è questo lo slogan di Lci, nata nel 2007 su impulso di due società – la tedesca Rowe GmbH e la Cartiera finlandese Upm, con stabilimenti in tutto il mondo – interessate ad incentivare nel nostro Paese l’acquisto di carta da macero per la loro produzione. È così nata una joint venture per la raccolta: dalla sede di Treviso, Lci gestisce i contratti con altre aziende su tutto il territorio nazionale, così da ritirare, trattare la carta nella sede il più possibile vicina al luogo in cui viene raccolta e rispedirla nelle cartiere di proprietà.
Lci, come altre aziende partecipanti alla Green Week, è coinvolta nel progetto RafCycle promosso da Upm Raflatac e in “Brindiamo alla sostenibilità”, con l’obiettivo di recuperare i supporti delle etichette e creare un percorso di economia circolare – in cui cioè nulla viene gettato, ma tutto viene recuperato – nella filiera del vino. «Abbiamo oltre 190 piattaforme di raccolta in Italia – spiega Marco Silverstri, amministratore delegato – così da assicurare un servizio capillare ed efficiente di raccolta a costi competitivi a tutte le aziende aderenti. Nel caso specifico di “Brindiamo alla sostenibilità” si tratta di cantine, ma è un sistema applicabile a chiunque utilizzi etichette per la propria produzione. Il supporto in PET va ad aziende come Brevetti Waf, che stampano materiali plastici; mentre il supporto in carta siliconata va a noi, che lo trattiamo per predisporlo al riciclo». Se infatti questo non venisse trattato, prosegue Silvestri, « tanto varrebbe gettarlo direttamente nell’indifferenziato: 1 kg di carta siliconata, se entra nel flusso del cartone, non si scioglie e porta con sé negli scarti 4 kg di fibra buona, creando di fatto un danno. Con questo sistema riusciamo quindi a reimmettere nel ciclo ciò che altrimenti sarebbe uno scarto».
Un sistema che, assicura Silvestri, è del tutto sostenibile sia dal punto di vista ambientale che economico: «Per la raccolta utilizziamo gli stessi camion che già raccolgono cartone, vetro ed altro materiale, per cui non ci sono costi né emissioni aggiuntive sotto questo profilo. Inoltre per le spedizioni usiamo solo camion “di ritorno” – che rientrano cioè alla sede, e diversamente viaggerebbero vuoti – oppure il treno, che oggi copre il 20% delle nostre spedizioni, quota raddoppiata rispetto al passato». Anche il processo di trattamento, precisa l’ad, «è sottoposto a rigidi controlli interni, per garantire che non ci siano emissioni dannose nell’ambiente».
Il futuro di Lci va nel segno dell’innovazione tecnologica: «Stiamo lavorando per mettere a regime una macchina in grado di recuperare fino al 70% della fibra inevitabilmente presente all’interno del “fango” che esce come scarto di lavorazione dalle cartiere: diciamo che sarebbe un “recupero del recupero”. Si tratta di un investimento molto importante, di ca. 2 milioni di euro, e ancora in fase di sperimentazione; posso dire però con soddisfazione che è una ditta italiana a produrre questo macchinario, il che conferma come il nostro Paese sia all’avanguardia in questo settore».