È il primo esempio al mondo di riconversione di una raffineria convenzionale in bioraffineria, in grado di trasformare materie prime di origine biologica in biocarburanti di alta qualità. L’impianto produce green diesel, green nafta, GPL e potenzialmente anche jet fuel. Cuore tecnologico del progetto è Ecofining™, sistema sviluppato nei laboratori Eni in collaborazione con HoneywellUOP e poi applicato alla sezione catalitica di idrodesolforazione della Raffineria di Venezia.
«Convertire una Raffineria in bioraffineria vuol dire operare un serie di modifiche ai suoi impianti in modo da renderli in grado di trasformare non più greggio in prodotti convenzionali, ma materia rinnovabile in biocombustibili. A Venezia l’opera di conversione – spiega il Direttore della Raffineria Eni Michele Viglianisi – ha coniugato vari obiettivi, tutti carichi di un profondo valore etico: il progetto ha infatti restituito un futuro alla fabbrica, che aveva subito pesantemente gli effetti della drammatica crisi del settore, e che quindi torna ad essere una risorsa, garantendo un orizzonte di potenziale continuità occupazionale a circa 200 persone e ad altrettante dell’indotto».
Il successo del progetto di conversione dell’assetto produttivo è il frutto dell’impegno di Eni per l’innovazione attraverso lo sviluppo e l’implementazione di tecnologie distintive compatibili con l’ambiente, che assicurano un’attività industriale economicamente sostenibile nel lungo termine, e con una forte riduzione delle emissioni dell’impianto.
«L’esercizio in assetto green – continua Viglianisi – ha generato un vantaggio in termini di sostenibilità ambientale, basti pensare al dimezzamento dell’utilizzo delle risorse naturali, come l’acqua, o alla drastica riduzione dei principali inquinanti, come l’SO2. Inoltre, grazie alle caratteristiche del biodiesel realizzato nella Raffineria Eni di Venezia e al vantaggio ambientale connesso alla sua produzione e al suo utilizzo, anche in relazione alla riduzione di emissioni di gas serra, è nato il nuovo carburante Eni diesel+, che con il suo 15% di componente bio supera gli obblighi normativi previsti dall’UE per l’affrancamento dalle fonti fossili e contribuisce significativamente alla riduzione delle emissioni inquinanti, in particolare di idrocarburi incombusti e di ossido di carbonio fino a -40 %, di particolato fino a -20%».
La Raffineria Eni di Venezia dal maggio 2014 approvvigiona circa 360 mila tonnellate di oli vegetali all’anno, che diventeranno circa 600 mila dopo il completamento della fase due del progetto di riconversione, in fase di realizzazione. Attualmente viene utilizzato olio di palma certificato a norma europea, per la sua vasta disponibilità rispetto a cariche di seconda e terza generazione, ma si stanno già sperimentando cariche di seconda e terza generazione, attualmente non ancora disponibili per qualità o quantità utili alla produzione continuativa di biofuel.
Nel primo semestre 2015 test industriali hanno confermato la possibilità di processare materia non in competizione con gli usi alimentari, quali ad esempio oli vegetali esausti della filiera nazionale e grassi animali. A tale scopo sono in fase avanzata di definizione alcune iniziative di collaborazione con operatori pubblici di raccolta rifiuti per incrementare la raccolta degli oli esausti prodotti dalle utenze domestiche e utilizzare tali oli come carica della bioraffineria, ma si stanno anche considerando possibili integrazioni con impianti di raffinazione delle biomasse oleose al fine di riutilizzare prodotti di scarto di tale lavorazione, come gli acidi grassi distillati e la glicerina, le cosiddette cariche “advanced”, e una sperimentazione con le alghe è in corso a Gela.