Unire l’avanguardia in termini di criteri antisismici a quella in termini di sostenibilità ambientale: è questa l’essenza del nuovo presidio sanitario San Giovanni di Mezzolombardo (Trento), che si configura come un unicum sotto questo profilo ponendolo come caso d’eccellenza anche a livello internazionale. Il progetto, partito nel 2013 con la Provincia Autonoma di Trento come soggetto appaltante, è stato affidato ad un gruppo di imprese con Trentino progetti responsabile del progetto. A seguirlo in qualità di progettista è stato Gianluca Vigne di Trentino Progetti, che ci ha illustrato i principali elementi di innovazione che l’edificio presenta.
«Il primo aspetto riguarda l’isolamento sismico – spiega –. L’innovazione sta nel fatto di aver separato, come se fossero due mattoncini Lego sovrapposti, la parte interrata con i vani scale e quella sopraelevata: la prima si muove in maniera solidale al terreno, mentre la seconda appoggia su slitte particolari, che in caso di sisma consentono di ridurre notevolmente l’impatto delle oscillazioni – che non vengono quindi trasmesse dal suolo all’edificio. In questo modo siamo in grado di garantire non solo la sicurezza della struttura, ma anche di ridurre l’impatto sugli impianti: così che possano rimanere funzionali anche dopo una scossa, cosa fondamentale trattandosi di un ospedale».
L’altro aspetto d’avanguardia è quello che concerne l’edilizia sostenibile: l’edificio vanta infatti la certificazione LEED Platinum, la più alta in assoluto. «Avremmo potuto realizzare il tutto anche usando materiali diversi – riferisce Vigne – ma, al di là dell’anima in calcestruzzo, abbiamo voluto che l’involucro fosse interamente riciclabile e rinnovabile, utilizzando il legno e i suoi derivati. Abbiamo pensato ad una struttura fatta a strati, in cui ciascuno di questi abbia la sua funzione: permeabilità al vapore, inerzia termica (così che il calore accumulato di giorno possa essere restituito di notte), e così via». Anche per quanto riguarda l’impiantistica, «che costituisce il 50% della spesa energetica, è tutta garantita da fonti rinnovabili: fotovoltaico (con un impianto da 22,60 kWp), solare termico per l’acqua calda sanitaria, aerotermico (con innovativi recuperatori di calore) e utilizzo di acqua di falda sia per il raffreddamento estivo che per il riscaldamento invernale». Da segnalare è inoltre la presenza di una centrale di cogenerazione a gas; nonché l’attento studio realizzato, in ottempreanza alle normative provinciali, per il contenimento dell’inquinamento luminoso all’esterno e l’efficienza dell’illuminazione: «Non solo abbiamo pensato a luci a led, e alla loro installazione in punti in cui la loro efficienza sia massima – prosegue –; ma anche le finestre e le vetrate sono poste in maniera tale da sfruttare al meglio la luce naturale, così non solo da contenere i consumi ma anche da rendere l’ambiente più piacevole e vivibile».
Vigne sottolinea quindi come «non abbiamo preso in considerazione solo il comportamento “passivo” dell’edificio – ossia il suo isolamento termico e la minimizzazione dei consumi – ma anche quello attivo, ossia la sua capacità di generare da sé l’energia di cui ha bisogno. Abbiamo fatto ricorso ad un sistema di energy modelling che prende in considerazione il comportamento dell’edificio sul lungo periodo, e che andremo ad aggiornare man mano che vengono installati gli impianti». Il risultato è un ospedale che, rispetto al cosiddetto “edificio di riferimento” (sorta di modello standard con cui confrontare gli altri), consente di risparmiare il 38% di energia primaria (rapportata al consumo della fonte primaria equivalente: petrolio).
La sostenibilità riguarda poi anche il cantiere, sia sotto il profilo dell’impatto ambientale che nei confronti della comunità che ci vive attorno; e anche qui sono stati adottati degli accorgimenti particolari per minimizzare polveri, traffico e rumore. «Innanzitutto va detto che la zona in cui è stato costruito l’ospedale, sul sito di quello vecchio ora demolito, è residenziale – precisa Vigne –. Abbiamo quindi regolato gli accessi ed uscite degli autotreni su fronti diversi e non inseriti nella viabilità primaria, così da non congestionarla. Inoltre è stata installata una barriera acustica continua, per ridurre il rumore, e un impianto di umidificazione per il lavaggio delle ruote così da non trasportare polveri. Anche questi, oltre ad altri e diversi, sono tutti aspetti che vanno documentati ai fini della certificazione LEED, con tanto di verifiche periodiche durante l’esercizio, pena la revoca della certificazione stessa».
Tutto bello, si dirà: ma quanto costa costruire con questi sistemi? «I costi sono pressoché in linea con quelli di altri ospedali – assicura Vigne – con una media di 1540 euro al metro quadro. Certo c’è da precisare che questo vale per ospedali di piccole-medie dimensioni (quello di Mezzolombardo ha una superficie lorda a pavimento di 11.514 metri quadrati e un volume totale lordo di 46.608 metri cubi) perché per i grandi ospedali bisognerebbe adottare accorgimenti diversi e, almeno ad ora, non sostenibili economicamente; ma la maggior parte degli ospedali italiani, stimerei un 70%, rientra in queste dimensioni. Mezzolombardo è un caso di “buona pratica” che fa vedere come si possa costruire con costi standard ma con un risultato più elevato: non è un edificio più complicato, è solo più intelligente». Una buona pratica per ora unica: «Non ci sono oggi ospedali che rispettano tutti questi protocolli – afferma il progettista – né scuole, o altre realtà a cui potrebbero essere applicati».
Il cantiere è ancora aperto, con chiusura prevista tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018; ma nel frattempo è partito un progetto analogo anche a Rovereto, per la realizzazione di una struttura di residenza sanitaria assistenziale (RSA). Un caso unico, insomma, ma non destinato a rimanere tale.