Nel suo brillante e acuto intervento, in apertura del Festival Maps for Future, il sociologo Mauro Magatti ha stimolato la riflessione sui rischi legati all’individualismo esasperato, che oggi, portato a livelli estremi, sta ormai minando a tutti i livelli la tenuta della nostra società. Se il contesto relazionale nel suo complesso “si sfalda” anche le aziende rischiano di essere travolte: ecco che oggi più che mai chi “fa impresa” si trova a dover scegliere se essere “distruttore” o “costruttore” di socialità. Una scelta etica ma anche una scelta che conviene: dati alla mano il sociologo ha spiegato come le aziende più attente alla dimensione della sostenibilità, alla formazione delle risorse umane e al loro territorio sono anche le aziende che performano meglio. Attraverso l’Alleanza per la generatività sociale, il sociologo è impegnato nella raccolta di esperienze di realtà che sanno costruire nuovi modelli di socialità e che rappresentano delle stelle polari nel percorso verso l’adozione di un nuovo paradigma che integra sostenibilità e logica contributiva.
Una riflessione che ci ha stimolato: anche il Festival Maps for Future – come avviene su scala più grande per i Festival promossi da Italypost – è stato una straordinaria occasione per creare nuove relazioni e nuovi network, aggregando soggetti diversi accomunati dalla voglia di guardare al futuro uscendo dalla propria zona di confort. Reti e connessioni che, ne siamo convinti, hanno e avranno un grande valore e che magari potranno dar vita, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, a progetti nuovi. Proprio come le aziende che scelgono di investire nella crescita di relazioni nel territorio, apparentemente senza un ritorno immediato, anche il Festival ha rappresentato un investimento e una forma di restituzione alla comunità capace di generare un grande valore anche per noi.
E proprio la necessità di superare la logica esclusiva del profit, introducendo l’elemento del purpose, dello scopo, come finalità dell’azienda, tema su cui ha posto l’accento la serata di apertura, è ritornato in modo forte nell’evento dedicato ai nuovi linguaggi dell’employer branding: i sette under 35 che con i loro speech hanno raccontato le “loro” aziende, hanno sottolineato tutti, con accenti diversi, il desiderio di riconoscersi nel purpose dell’azienda.
Proprio le aziende che si interrogano sul loro ruolo nel contesto sociale sono in genere anche le realtà più attente al nodo del gender gap. Un esempio è rappresentato dalla FAAC, che ha preso parte all’incontro che abbiamo dedicato al tema degli stereotipi che frenano l’accesso delle donne alle professioni scientifiche: l’azienda bolognese ha costituito al suo interno un gruppo di confronto fra donne STEM, ovvero fra le risorse impegnate nelle professioni tecniche.
Anche l’appuntamento di chiusura, che ha messo a fuoco il tema dell’economia circolare come modello che conviene, ha permesso di accendere i riflettori su storie di aziende che hanno saputo tenere insieme profit e purpose, a partire dalla sfida di generare business recuperando gli scarti industriali e al contempo di contribuire a rispondere all’emergenza climatica con la proposta di un modello più sostenibile…
Stimoli ed esperienze di cui faremo tesoro anche nella nostra attività quotidiana di formazione all’interno delle aziende.
*ad Niuko Innovation and Knowledge