«L’Europa deve ripensare le sue politiche energetiche e sulla sostenibilità. Di più: dobbiamo ripensare il nostro modello di sviluppo se vogliamo rendere il sistema competitivo». A dirlo è Francesco Mutti, amministratore delegato dell’azienda da oltre 700 milioni di fatturato famosa per le sue conserve alimentari a base di pomodoro. E a pensarla così sono tanti altri suoi ‘colleghi’. Da Marco Bonometti, presidente di Omr, per il quale «l’Unione Europea deve prendere decisioni forte e rapide», a Giuseppe Librandi, presidente di Coim, secondo cui il continente «rischiala desertificazione industriale».
Un allarme che hanno lanciato oggi gli imprenditori durante la seconda giornata delle Top Italian Companies, l’iniziativa che si è tenuta a Casa Marcegaglia promossa da ItalyPost e L’Economia del Corriere della Sera e che ha individuato le 200 migliori imprese italiane sopra i 500 milioni di fatturato. «Non un convegno – spiegava il giorno prima la padrona di casa Emma Marcegaglia, presidente e ad di Marcegaglia Holding –, ma un momento di confronto aperto sul futuro e la competitività della manifattura italiana».
Futuro che passa – appunto – anche per l’Ue e per le sue decisioni. Bonometti è in questo senso molto eloquente: «Omr è presente in tutti i continenti perché il mondo non termina con l’Europa. Per le imprese investire è vitale e per questo noi spingiamo molto sull’innovazione, cercando di realizzare prodotti tecnologicamente sempre più avanzati: ma serve anche che il contesto in cui operiamo sia vantaggioso. Bisogna che cambino le regole, come il Fit for 55 o il tema dell’energia, se vogliamo tutelare un comparto, quello industriale, che crea benessere per le persone».
Un dato è eloquente: i prossimi investimenti di Omr saranno in Brasile, India e Stati Uniti. E non perché non ci sia la volontà di indirizzarli in Europa, ma perché il quadro casalingo non è favorevole. Un’esperienza che condivide anche Coim che anzi, a dispetto di quanto si dica oggi degli Usa, vede oltreoceano «un’opportunità». Mentre «qui in Europa la concorrenza asiatica è spietata: abbiamo sempre prodotto local for local, ma stiamo cambiando questa strategia, perché l’incidenza dei costi sta diventando troppo impattante».
E di concorrenza asiatica (e in particolare cinese) parla anche Francesco Mutti: «Noi puntiamo alla qualità come elemento distintivo rispetto ai competitor: questo significa incentivare la supply chain e quindi, a catena, il mondo agricolo e la materia prima. Purtroppo però in Europa ci stiamo auto-danneggiando: nel nostro settore la sostenibilità è fondamentale, ma non possiamo affrontarla imponendo costi occulti alle aziende e, contemporaneamente, accettando il dumping da altri Paesi. Sostenibilità ambientale ed economica devono andare di pari passo e soprattutto la prima deve essere un obiettivo condiviso a livello globale».
Spazio poi al capitale umano, con Paolo Clerici (presidente e amministratore delegato della Clerici dell’idrotermosanitario) che ne sottolinea l’importanza poiché «è da questo che dipende il servizio che distingue aziende come la nostra», ma purtroppo «sembra che il sistema scuola non sta funzionando». Per questo Sapio, impresa con più di cento anni alle spalle e 850 milioni di fatturato nel 2024 (e una marginalità media intorno al 25%), investe sull’«agilità»: «Significa trovare costantemente soluzioni, anche a problemi che ora non vediamo, ma un domani si manifesteranno. E ciò si ottiene solo quando le persone sono capaci di imparare di continuo».
Come hanno detto i due giornalisti del Corriere della Sera, Daniele Manca e Nicola Saldutti, «non viviamo in un mondo di fotografie statiche, ma in una realtà in cui ogni giorno ci sono evoluzioni e cambiamenti». E se da un lato con le loro parole gli imprenditori in questa due giorni di confronto hanno messo in fila tutte le complicazioni che vivono, dall’altro è emersa chiaramente anche «tutta la forza che queste aziende mettono in campo per crescere nonostante».

