Soprattutto nell’ultimo decennio, alla crisi di alcune industrie centrali nello sviluppo dei Paesi più avanzati hanno fatto da
contraltare le performance da record del settore turistico. Mentre le principali economie mondiali arrancavano, l’industria
turistica sembrava non conoscere crisi. E le previsioni a livello globale per i prossimi anni continuano ad essere positive:
il turismo è dunque uno dei settori più in salute a livello internazionale.
Come noto, il turismo è tra le principali economie del Veneto. Prima regione italiana per movimento turistico – nel 2018 si sono sfiorati i 70 milioni di presenze turistiche – il Veneto è al vertice anche in Europa, preceduto solamente da Canarie, Ile de France, Catalogna, Baleari e dalla regione costiera della Croazia. Tra 2008 e 2018, gli arrivi hanno segnato +39% e le presenze +15%: si tratta di 5 milioni e mezzo di turisti in più e quasi 9 milioni di notti, nell’arco di un decennio.
Negli anni recenti, anche a Nordest la crescita del movimento turistico si è accompagnata al ridisegno urbano di città e località di villeggiatura, con ricettività e ristorazione che si sono conquistate via via spazi maggiori anche in contesti non storicamente vocati al turismo. Lo sviluppo del turismo ha contribuito a rilanciare le vocazioni legate al tempo libero di numerosi territori, diffondendo su vasta scala i benefici solitamente riservati alle principali destinazioni. Le attività turistiche, caratterizzate da un forte grado di apertura internazionale, hanno contribuito ad attirare investimenti di operatori privati anche dall’estero.
Tuttavia, la forte crescita del comparto turistico ha determinato anche una serie di effetti negativi, emersi soprattutto in alcune città europee: Barcellona e Venezia, ma anche Amsterdam e Dubrovnik si sono contraddistinte per un eccesso di flussi turistici (il cosiddetto overtourism). L’elevata concentrazione di visitatori ha fatto emergere problemi di sostenibilità, a causa del conflitto creatosi tra residenti e viaggiatori, che si contendono spazi e servizi. Le amministrazioni locali hanno studiato alcune misure di intervento per regolamentare lo sviluppo turistico di realtà particolarmente fragili dal punto di vista ambientale (come nel caso di Venezia), ma finora le soluzioni individuate non sembrano particolarmente efficaci e mancano di una prospettiva di area vasta.
D’altro canto, osservando le foto degli alpinisti in coda lungo la via d’ascesa all’Everest è facile intuire come le situazioni di congestione siano piuttosto frequenti anche in contesti meno urbanizzati. Oggi il turismo va dappertutto, occupando i luoghi della socialità e della vita quotidiana dei residenti, causando conflitti e competizione nell’uso di spazi e infrastrutture, con evidenti implicazioni a livello di sostenibilità ambientale.
Tra gli effetti negativi, va incluso anche un effetto di spiazzamento nei confronti delle attività economiche non
funzionali al settore turistico. In un recente paper della Banca d’Italia, si dimostra che la crescita dell’industria turistica ha un impatto limitato a livello territoriale (più marcato nelle aree arretrate, nullo o addirittura negativo laddove esiste già una situazione di congestione dovuta ad elevati flussi turistici), in quanto si tratta di un comparto a bassa produttività e con un effetto “respingente” per lo sviluppo di altre specializzazioni. Amministratori locali ed operatori economici sono quindi impegnati nel coniugare i flussi di turisti in forte aumento e le opportunità che ne conseguono, con le fragilità dei contesti locali in materia ambientale, nel rapporto con i residenti, ma anche negli equilibri con le altre attività economiche.
Nella ricerca di questo equilibrio è fondamentale il ruolo della cultura. Il turismo culturale è spesso considerato come una panacea, perché consente alle località di destagionalizzare o perché attira un viaggiatore con una capacità di spesa più alta. In realtà, i grandi cambiamenti della domanda turistica influiscono anche sulle motivazioni culturali: proprio per questo turismo e cultura si trovano ad affrontare alcune sfide fondamentali per cogliere le opportunità legate alla crescita dei flussi turistici.
In primo luogo, l’installazione artistica temporanea “The Floating Piers”, sviluppata nel 2016 sul lago d’Iseo, ha messo in luce le opportunità di crescita delle aree marginali legate all’arte contemporanea. Più in generale, la capacità di orientare lo sviluppo di un territorio attraverso politiche a base culturale, in grado di trasformare il turismo da rendita a sviluppo, diventa fondamentale per costruire percorsi di crescita duraturi basati su un orizzonte culturale comune e sulla produzione di contenuti per residenti e turisti.
Un’altra sfida riguarda il ruolo dell’innovazione nelle modalità di fruizione culturale. In particolare le nuove tecnologie possono infatti contribuire a un nuovo racconto dei beni culturali e del territorio più in generale, oltre che ad allargare la platea dei fruitori, intercettando nuovi target di clientela. E allora gli strumenti di fruizione innovativi possono diventare strategici nei percorsi di crescita delle località minori, se riescono ad intercettare la forte domanda di contenuti identitari e superare la logica dell’evento.
Proprio il tema identitario sembra essere la criticità principale nella governance di turismo e cultura in Veneto. Infatti, nonostante i numeri da record, oggi il Veneto non è un marchio né una destinazione turistica, come lo sono, invece, il Trentino, l’Alto Adige – Sud Tirol, la Toscana. La capacità attrattiva della prima regione turistica d’Italia è favorita da un eterogeneo insieme di località, a partire da Venezia: le spiagge dell’alto Adriatico, le Dolomiti, il Lago di Garda, le grandi e piccole città d’arte, il sistema termale di Abano-Montegrotto, ma anche destinazioni minori come Asolo e le colline del Prosecco appena insignite del riconoscimento Unesco.
Pertanto, nonostante la ricchezza della proposta turistica, il Veneto non è ancora riuscito a costruire un’immagine identitaria da raccontare nè un’identità collettiva da condividere, rimanendo ad oggi un insieme di destinazioni. Non è un caso, se il marchio-ombrello del Veneto nelle strategie di programmazione turistica è diventato “The Land of Venice”: una soluzione per ridurre la complessità dell’offerta turisticoculturale associando il Veneto a Venezia. Si tratta di una scelta probabilmente in grado di attirare ancora più turisti – in fin dei conti chi non è attratto da Venezia? – ma che non ha un potenziale distintivo dal punto di vista territoriale. Come si può ridurre a fattore comune l’eterogenea offerta turistica del Veneto? Quale sintesi di questa grande ricchezza può diventare al tempo stesso uno strumento di narrazione identitaria?
In questa prospettiva, è fondamentale ambire alla costruzione di un orizzonte di senso comune basato su alcuni elementi chiave. Il primo è rappresentato da un cambio di paradigma: passare dal racconto (e la promozione) delle destinazioni e dei territori, a quello trasversale dei turismi e dei prodotti. Il cicloturismo, ad esempio, interessa tutto il territorio regionale, ma è in grado anche di collegarsi ad una produzione del made in Italy con un forte radicamento identitario in Veneto: la bicicletta è oggi un prodotto di design con una forte attenzione all’innovazione.
Il secondo fattore è la qualità dell’esperienza turistica: oggi per raggiungere i grandi numeri si rischia di banalizzare l’offerta di un luogo. Invece, per permettere al turismo di produrre risorse e contenuti in grado di “contaminare” gli altri settori e far crescere tutto l’ecosistema territoriale, è fondamentale elevare la qualità dell’esperienza turistica, facendo leva su strumenti innovativi – terzo fattore da cui ripartire – per intercettare la crescente domanda di conoscenza ed autenticità.
Ma il tema di fondo generale dovrebbe essere quello della sostenibilità. Intesa come equilibrio tra sviluppo e ambiente, tra turisti e residenti, tra identità e contaminazione, tra risorse pubbliche (scarse) e risorse private (da attivare).
In questa prospettiva allora, si dovrebbe ribaltare il rapporto tra cultura e turismo, mettendo il secondo al servizio della prima. Una cultura che si deve liberare dalla logica dell’evento incentrata sulla capacità di fare numeri e portare turisti, e che invece deve essere posta al centro della strategia di sviluppo, quale strumento in grado di produrre quei contenuti identitari che dovrebbero contraddistinguere il nostro territorio.
Direttore e ricercatore Fondazione Think Tank Nord Est
Brano tratto dall’e-book “Milano-Cortina. L’occasione per il rilancio dei territori” disponibile a questo link: Meeting_2019