Fa riflettere il rapporto Symbola-Unioncamere Io sono cultura per i numeri 1,5 milioni di addetti per più di 100 miliardi di fatturato. Conferme di quella terziarizzazione delle economie nella creazione della ragnatela del valore che spesso anticipa con comunicazione e creatività il grande ballo delle merci e dei desideri. Con anche una interessante tipologia di settori: dal software ai video giochi, pronti a scattare verso l’Ia, all’editoria e stampa in metamorfosi sino all’architettura e al design nel ridisegnare le città e l’abitare… Leggendolo viene da scomporre e ricomporre le tipologie dei «lavoratori della conoscenza» (Sergio Bologna) con tanto di precariato partite Iva, eventologi, startup placemaker (Granata) nelle «nuove fabbriche» che ridisegnano gerarchie tra città e territori. Si segnala la risalita nel cielo della comunicazione e della creatività del nostro Mezzogiorno e la mappa dei numeri per regioni e città che disegnano il venire avanti di distretti culturali e creativi. Ho sempre diviso questa moltitudine di composizione sociale e territoriale tra chi lavora comunicando ai piani alti della società dello spettacolo e quelli che fanno sussurri e racconto in-situazione socio territoriale per aumentare la coscienza di luogo e la soggetiv/azione delle vite minuscole dentro il grande cambiamento. Per questo mi aveva colpito il lavoro di Vitaliano Trevisan in Works, libro di potente soggetiv/azione di quel Nord Est dove sono tornato confrontandomi con il lavoro culturale di Franca Porta, già segretaria della Cisl Veneto, raccontato in un piccolo libro dal titolo antico: La corriera (Edizioni Lavoro). Ne hanno fatto anche uno spettacolo teatrale itinerante paese per paese, un fare cultura dentro la coscienza di luogo. Franca ha memoria di quando era sindacalista militante automunita fabbrichetta per fabbrichetta, a tessere e ritessere coscienza di classe nel Nord Est proliferante. Solo dopo, abbandonata l’automobile non solo per vezzo da ecologia dei tempi, ma per un’ecologia della mente, ha riscoperto un mezzo antico quasi da archeologia logistica: la corriera. Per muoversi da e tornare a Valdagno la mitica città da umanesimo industriale anticipatorio delle olivettiane visioni del rapporto tra fabbrica e territorio. Che nel suo Nord Est si sarebbe poi declinato nella fabbrica diffusa che lei cercava di tenere assieme macinando chilometri, inseguendo la scomposizione di classe capannone per capannone. Forse avrebbe capito di più il divenire salendo prima sulla corriera con le vite minuscole che quotidianamente raggiungevano «dai campi e dalle terre alte le officine del posfordismo» dove l’aspettava il coscientizzarsi alla fabbrica, nel suo Veneto in metamorfosi.
Questo incipit rovesciato che partendo dai mezzi – automobile fordista, la corriera posfordista – rimanda ad un mio ultimo scritto che titola Oltre le mura dell’impresa. Se si vuol continuare a cercare per continuare a capire (non è forse questo l’essenza del fare sindacato?) occorre guardare anche alle economie fondamentali. Che sono quelle che rimandano ai tempi lenti della civilizzazione o per dirla colta «alla riproduzione della capacità umana vivente»: l’abitare, lo spostarsi, il comunicare, la salute, il lavorare… in quella eterna dialettica del quotidiano tra Kultur e Civilitation. E che cos’è se non un contenitore di vite minuscole collettive “il mostro d’acciaio” che con linguaggio da civilizzazione chiamiamo confidenzialmente La corriera. Con quella confidenza paesana antica prima della metamorfosi in bus o in filobus cittadino. Sapevamo che lì si ritrovavano tracce di comunità in movimento con i loro sussurri e le loro grida quotidiane; quella che Franca chiama «l’umanità che sciama».
Appunti presi viaggio dopo viaggio: dai viaggi tristi per andare per ospedali a quelli resi allegri da personaggi che raccontano o si raccontano, perché la corriera fa andare oltre la comunicazione di transito. È nella sua pesca a strascico dei non automuniti un caleidoscopio della composizione sociale in divenire. Invitandoci a capire che gli immigrati prima di realizzare il sogno di una macchina viaggiano in corriera, e che la corriera nel suo andare e fare sosta nei piccoli comuni per andare in città, è per molti anziani e non solo, il solo mezzo che tiene assieme il racconto della coscienza di luogo. I raccontini di questo libro sono l’ordito che fanno l’affresco del territorio, dalla mitica Valdagno alla Vicenza magistralmente raccontata da Vitaliano Trevisan. Un libro da leggere anche come manuale per chi vuol continuare a cercare per continuare a capire. Io l’ho letto come un monito. Se vuoi continuare a capire il Nord Est, caro Aldo, meno Frecciarossa e un po’ più di tanta corriera o anche sali sui FlixBus e ascolta i sussurri dei tanti che ci arrivano e ripartono in colorati bus low-cost.