È una storia di rigore e visione, quella che si chiude sotto i riflettori scientifici di Ginevra. Al trentunesimo congresso annuale dell’European Surgical Association (ESA), il professor Nicolò de Manzini ha passato il testimone dopo due anni alla presidenza di una delle più importanti società scientifiche chirurgiche del continente. Un incarico di prestigio che, per la quarta volta nella sua storia, ha parlato italiano — ma per la prima, con l’accento proprio di Trieste.
In quella stessa città di confine De Manzini ha costruito una carriera che è molto più di un curriculum accademico. Chirurgo generale, docente universitario, direttore della clinica di riferimento dell’Azienda Sanitaria Giuliano Isontina, il professore triestino ha saputo esportare un’idea di medicina come bene comune europeo. Lo ha fatto nel modo più concreto possibile: creando ponti, programmi e occasioni di crescita per una nuova generazione di chirurghi.
Non a caso, il segno più visibile lasciato da De Manzini alla guida dell’ESA si chiama “Next Generation ESA”: un programma strutturato di mentoring, formazione e selezione pensato per attrarre i giovani professionisti del bisturi da ogni angolo d’Europa. “Il sapere chirurgico non si trasmette solo nei congressi, ma nel quotidiano gesto condiviso, nella fiducia tra chi insegna e chi inizia”, ha detto al momento del suo commiato.
Il congresso di Ginevra, tenutosi dal 2 al 3 maggio — dove si sono riuniti medici, ricercatori e docenti da 24 Paesi —, ha ospitato 45 presentazioni scientifiche di altissimo livello. Ma è stato soprattutto la celebrazione di una presidenza che ha restituito centralità alla ricerca clinica, al dialogo interdisciplinare, e a un’idea di Europa come rete viva di cooperazione scientifica. In tempi di sanità frammentata, di cervelli in fuga e investimenti insufficienti, non è poco.
Classe 1956, laureato con lode a Trieste e poi per oltre un decennio in Francia all’Università di Strasburgo, De Manzini è tornato nella sua città nel 1993. Da allora ha formato generazioni di chirurghi, puntando sull’innovazione tecnologica ma anche su ciò che, nella medicina, non può essere automatizzato: come ha ricordato con sobrietà al termine del suo intervento, “la vera leadership, in medicina, non è saper fare, ma saper lasciare qualcosa che resta”.